martedì 12 gennaio 2010

L'ULTIMA CASA A SINISTRA (The Last House on the Left, 2009) di Dennis Iliadis.

Bentornati! Eccomi di ritorno dopo le – lunghe – vacanze natalizie in cui ho poltrito un po’ più del previsto. Ma adesso sono di nuovo pronto a ripartire con più entusiasmo di prima. Perciò benvenuti alla mia nuova recensione…
Eccoci finalmente al “Rape & Revenge”. Dopo circa una decina di recensioni, arrivo a toccare uno dei miei (sotto)generi preferiti sul quale potrei dilungarmi a scrivere per ore. Uno dei film più importanti di questo “malsano” genere cinematografico è sicuramente Non violentate Jennifer (I spit on Your Grave, 1978) di Meir Zarchi. Esso è un vero “nasty movie” x eccellenza... uno dei film più censurati della storia del cinema... il critico Roger Ebert, interpellato su tale pellicola, avrebbe dichiarato che esso è «il peggior film mai realizzato, fa star male, orribile ed eccessivo». Il lavoro cinematografico di Meir Zarchi è, assieme a L'ultima casa a sinistra (The Last House on The Left, 1972) di Wes Craven, uno dei capostipite del cosiddetto genere “Rape & Revenge” – violenza sessuale & vendetta – che andava molto in voga soprattutto negli anni settanta. Anche se il vero capostipite del “Rape & Revenge” è La fontana della vergine (Jungfrukallan, 1959) del maestro svedese Ingmar Bergman. Esso però ovviamente non ha niente a cui spartire con i suoi successori in fatto di violenza e sangue. Vi do questa notizia perché mi diverte molto questo fatto: un regista considerato tra i migliori di tutti i tempi ha dato vita – involontariamente – ad uno dei generi più esecrabili di tutta la storia del cinema, in cui la misoginia raggiunge, in molti casi, livelli altissimi. Ho citato apposta il film di Wes Craven perché, oltre ad essere un film cardine del suddetto genere, l’oggetto della mia recensione è proprio il suo remake realizzato nel 2009 ad opera di Dennis Iliadis, emergente regista greco che si è fatto conoscere al mondo con l’ottimo Hardcore (Id., 2004) inquietante storia di quattro prostitute adolescenti nell’Atene dei nostri giorni.
A proposito di remake, pare che Hollywood abbia deciso di puntare forte su una versione aggiornata e – naturalmente… – edulcorata del “Rape & Revenge”, infatti sono in arrivo i rifacimenti del già sopracitato Non violentate Jennifer e di Il mostro della strada di campagna (And Soon the Darkness, 1970) di Robert Fuest. Quest’ultimo da molti considerato, appunto, un rape & revenge movie, a mio avviso non lo è… ma tanto vale, perché in ogni caso è una pellicola da vedere. Sono onesto questa nuova ondata di pellicole “stupro e vendetta” non mi esalta per niente, nonostante io non sia contrario ai remake… come per gli altri sottogeneri estremi penso che ognuno di essi abbia avuto il suo tempo e il suo momento di gloria. Dovete sapere che il cinema estremo è – a mio parere – un mondo a parte rispetto al cinema “normale”: un cinema che molto spesso ha come unico scopo quello di scioccare lo spettatore, ma a volte, oltre al disgusto estetico che si porta sempre appresso, vi si può trovare anche una determinata critica sociale. L’ultima casa a sinistra, quello del 1972, era chiaramente influenzato dal caotico clima sociale che si respirava in quegli anni negli Stati Uniti: esso univa gli orrori della Manson Family a quelli della guerra del Vietnam. Così, velocemente, mi viene in mente anche il caso nostrano di Cannibal Holocaust (Id., 1980) di Ruggero Deodato, il quale attraverso una buona dose di shock visivi, alcuni dei quali anche moralmente discutibili come le varie uccisioni di veri animali, analizzava in maniera cruda ed interessante la società di quegli anni, scagliandosi contro soprattutto al mondo dei mass media. A proposito del film del regista romano, che senso avrebbe adesso come adesso far rifiorire, per esempio, il genere “cannibal movie” che era tanto di moda nel nostro paese negli anni settanta ed ottanta? Nessuno e lo stesso vale per il “Rape & Revenge”. Soprattutto perché standardizzare certi sottogeneri, passaggio questo indispensabile per renderli accessibili al pubblico del Main Stream, vorrebbe dire snaturarli e basta… passatemi l’esempio un po’ insulso: un giorno uno si sveglia è decide di rendere i film pornografici fruibili attraverso normali sale cinematografiche. Cosa si dovrebbe fare? Eliminare tutte le scene di sesso reale ovvero le penetrazioni, eliminare tutte le inquadrature di membri maschili sull’attenti ecc… e alla fine cosa rimane? Un film soft core al massimo, di certo non una pellicola pornografica. Che senso ha? Nessuno. Nonostante questo devo dire che il film del regista greco mi è piaciuto abbastanza, ma vi prego non chiamatelo “Rape & Revenge”…
Veniamo al film…
I Collingwood si recano alla loro casa sul lago per le vacanze. Poco dopo il loro arrivo, la figlia Mari va in città a trovare la sua amica Paige. Qui le due ragazze incontrano Justin, che le invita nella sua camera d'albergo per fumare un po' d'erba. Mentre i tre si stanno rilassando, irrompono nella stanza Krug, padre di Justin, Francis e Sadie. Per Mari e Paige è l'inizio di un incubo, fatto di stupri, umiliazioni e violenze.
Ecco il rifacimento “poco rape e molto revenge” de L’ultima casa a sinistra pellicola epocale diretta da uno dei maestri del “new horror” ovvero Wes Craven autore di vere chicche come Le colline hanno gli occhi (The Hills Have the Eyes, 1977), Nightmare – dal profondo della notte (A Nightmare on Elm Street, 1984) e Scream (Id., 1996). Cosa è rimasto della carica eversiva del film originale? Poco niente. La parola d’ordine degli sceneggiatori è stata quella di smussare la pellicola originale di ogni suo elemento trasgressivo e disturbante rendendo così il remake fruibile ad un brufoloso pubblico da multisala abituato a ben meno shock visivi. La prima parte ad essere stata annacquata – e non potrebbe essere altrimenti – è la scena dello stupro, la quale si riduce a pochi minuti di violento amplesso che potrebbe scioccare i più suscettibili, ma che non è neanche minimamente paragonabile alla corrispettiva presente nel film del 1972. E questa non è una differenza da poco, perché il punto di forza del genere “Rape & Revenge” è sempre stato l’insostenibile durata delle scene di violenza – sessuale e non – di cui sono vittime le sfortunate protagoniste: stupri che durano più di mezz’ora, torture fisiche e psicologiche di ogni tipo occupavano praticamente quasi la totalità della durata del film, mentre la successiva vendetta era assai molto più veloce e indolore. In questo remake – ma sono pronto a scommettere quello che volete che anche nei prossimi rifacimenti prima accennati sarà così - invece è l’esatto contrario, ossia grande spazio alla meno moralmente problematica vendetta, a discapito delle scene di violenza sessuale, le quali potrebbero creare non pochi problemi con la commissione di censura. Comunque anche la vendetta dei Collingwood è stata diluita in maniera evidente. Per diluita, intendo che oltre a durare molto di più che nel film di Wes Craven anch’essa è molto meno cruenta: nessuno dei fan della pellicola originale si aspetti di ritrovare, in questo remake, la “cara” sig.ra Collingwood evirare a morsi uno degli aggressori. Situazione tra l’altro abbastanza frequente in questo genere di prodotti cinematografici: in Non violentate Jennifer, per esempio, ad uno degli stupratori viene tagliato di netto il membro con un coltellaccio da cucina… Lorena Bobbitt docet, insomma. Tra l’altro una differenza che non mi è piaciuta è la diversa rappresentazione “morale” di tale vendetta: nel film del 1972, prima di tutto essa era molto veloce e feroce frutto di una famiglia che reagiva in maniera inaspettatamente violenta ai soprusi ricevuti; mentre nella pellicola del 2009, essa è molto più lenta e ragionata. Mentre nell’originale la famiglia si trovava quasi costretta a reagire in tale modo, nel rifacimento la “stessa” famiglia capisce cosa sia successo realmente, questo soprattutto perché la figlia non è morta come nella pellicola di Wes Craven, ma nonostante questo non vaglia nessun’altra opzione se non farsi giustizia da sé.
Per concludere, vorrei analizzare la nuova rappresentazione dei protagonisti. I “cattivi” sono troppo normalizzati a mio avviso: Krug e soci nell’originale erano psicopatici malati che provavano piacere a fare male fisico agli altri: come esempio si potrebbe citare la scena in cui Krug incide con un rasoio il suo nome sul petto di una delle due sfortunate protagoniste. Mentre i corrispettivi moderni non hanno la stessa carica eversiva: sono normalissimi fuorilegge che agiscono inizialmente solo per la paura di essere scoperti, essendo Krug appena fuggito di prigione. Anche le interpretazioni, alla fine, risultano senza infamia e senza lode, di certo l’interpretazione completamente “fuori dalle righe” di David Hess nella parte di Krug è di un’altra categoria. Tra l’altro l’attore americano sarebbe rimasto intrappolato per sempre in tale ruolo, ripetendolo a vita in film mediocri come La casa sperduta nel parco (Id., 1980) di Ruggero Deodato. I “buoni” invece mi sono piaciuti, a partire dalla figlia protagonista. I genitori riescono a rendere bene l’idea di quale tragedia stiano vivendo, anche se la loro trasformazione in “giustizieri della notte” è eccessiva e priva di quella sensazione di rimorso che una tale scelta dovrebbe causare: “ok, ci hanno violentato la figlia… che facciamo? Li uccidiamo? Si, va bene”… troppo veloce, troppo semplicistico.
Comunque la pellicola di Dennis Iliadis è un thriller/horror sufficiente che si lascia apprezzare per le molte scene splatter, anche se tutto sommato la tensione latita. I pregi maggiori del remake rispetto all’originale sono tutti da attribuire al molto più elevato budget stanziato per la sua buona riuscita – il film di Wes Craven venne realizzato con la miseria di 90.000 $ - che permette una realizzazione tecnica e scenica nettamente superiore al film del 1972. Se volete seguire il mio consiglio, virate sulla pellicola più datata, che sicuramente paga una realizzazione approssimativa e il passare degli anni, ma che comunque non ha perso nulla della sua carica eversiva. Ma se volete veramente vederlo ricordatevi ciò: “To avoid fainting keep repeating, it’s only a movie… only a movie… only a movie… only a movie…”.
Ultima notizia di servizio, L’ultima casa a sinistra avrebbe dovuto fare la sua comparsa sugli schermi cinematografici l’estate scorsa, ma la Universal intelligentemente ha deciso in seguito di bypassare il grande schermo e di farlo uscire direttamente in dvd: il motivo? La commissione di censura italiana voleva bollare la pellicola con un bel V.M. 18, il quale avrebbe stroncato chiaramente ogni possibilità di un buon risultato al botteghino. Credo che tale divieto sia veramente eccessivo e che sia frutto solo della situazione che si sta vivendo in Italia negli ultimi anni dove sempre più donne sono vittime di abusi sessuali. Il sonno della ragione genera mostri purtroppo… Conclusione: vino annacquato.

3 commenti:

  1. Ciao! A me questo film è piaciuto molto!! forse mi è piaciuto così tanto proprio perchè è "poco rape e molto revenge"! per fortuna la violenza sessuale è durata pochi minuti e non riesco nemmeno ad immaginare di vedere una violenza sessuale che duri trenta minuti..mi sembra esagerato.. Mi è piaciuta tantissimo invece la vendetta dei genitori, a mio parere non tanto ragionata ma anzi molto veloce e spietata: basti pensare alla scena in cui la madre cerca di affogare uno dei tre "psicopatici" mettendogli la testa nel lavandino (pieno d'acqua) della cucina, mentre il padre, arrivato dopo qualche secondo, attiva il tritacarne per tranciare le dita dell'uomo. Per quanto riguarda il V.M. 18, non mi esprimo: bisognerebbe comprendere quale limite avrebbe oltrepassato il film, secondo la commissione di censura.

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  2. Genere delicato a priori, forse il V.M.18 può starci. Il film cmq mi è piaciuto.
    Il remake sarà certamente peggiore per i motivi che hai ben spiegato e con cui concordo.
    Bella recensione! Bravo.

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  3. Bhe' dai il divieto ai minori di 18 mi sembra giusto, il film è abbastanza crudo.
    Per farlo passare alla censura come V.M.14 e non come V.M.18 avrebbero dovuto tagliarlo pesantemente.
    Comunque anch'io preferisco l'originale.

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