martedì 1 dicembre 2009

L'ALBERO DELLA VITA (The Fountain, 2006) di Darren Aronofsky

Darren Aronofsky è un regista newyorkese autore di quattro film in dieci anni: i suoi primi due lavori registici sono pellicole strane, particolarissime e di difficile decifrazione, che volenti o nolenti lasciano, quasi sempre, nello spettatore due sentimenti contrastanti: da una parte, a mio avviso, non si può che rimanere affascinati da film come Pigreco – il teorema del delirio (Π, 1997) e Requiem for a Dream (Id., 2000), ma dall'altra è innegabile che la visione di tali opere lasci basito, e con un senso di forte frustrazione, il pubblico. Anche la pellicola qui in esame, L'albero della vita (The Fountain, 2006), produce gli stessi effetti... anche se essa è molto meno riuscita delle due prima citate. Davvero un film indecifrabile – ed indefinito... – questo terzo lavoro del regista: un progetto che egli aveva in cantiere da parecchi anni, ma che non è mai riuscito a realizzare per i molti dubbi – giustificati per una volta – espressi dai vari produttori per quanto riguardava il tornaconto remunerativo; sicuramente è un prodotto di difficile appeal su un pubblico medio, e quindi... flop assicurato, ovviamente. Ho tralasciato volontariamente fuori dal discorso The Wrestler (Id., 2008), la sua ultima fatica, che segna una svolta più commerciale – e commerciabile – dell'autore nato nella grande mela.
Se dovessi paragonare L'albero della vita ad un precedente film di Aronofsky, sicuramente lo avvicinerei al suo primo lavoro registico... cosa hanno in comune? Delirio allo stato puro: tanto era “matematicamente” delirante Pigreco – il teorema del delirio tanto è altrettanto “misticamente” delirante questa sua pellicola del 2006. Cavolo, è talmente complicato – o forse sarebbe meglio dire sconclusionato – che faccio fatica a scrivere persino la trama. Allora, il film è diviso in tre tronconi distinti – ma forse no... – dal periodo dell'ambientazione: XVI secolo, un conquistatore spagnolo si mette sulle tracce dell'Albero della vita in grado di donare l'immortalità; XXI secolo, un ricercatore scopre un siero, ricavato da una pianta guatemalteca, in grado di guarire un babbuino malato di tumore; XXVI secolo, un astronauta/monaco buddista – o qualcosa del genere... – vola, dentro una bolla, con un morente albero verso la galassia, o meglio verso lo Xibalba. Xibalba... what? Stando al film esso è in realtà una stella morente, che veniva indicata – o paragonata – dai Maya come il loro oltretomba dove le anime dei morti rinascevano. Ci avete capito qualcosa? No? Nemmeno io. Occhei, diamo via alle danze...
Nella breve introduzione al film parlavo di tre spezzoni distinti, ma è veramente così? No, i tre mondi, o meglio livelli temporali, creati dal regista non sono affatto separati: essi si incastrano, si scontrano, si scambiano e si completano... insomma, un'unica storia che dura secoli: nel XVI secolo, un soldato spagnolo, Tomas Creo, cerca l'Albero della vita per salvare la nobildonna Isabel; nel XXI un biologo, Tommy Creo, cerca disperatamente di salvare sua moglie malata terminale di cancro; nel XXVI un astronauta, Tom, ma potrebbe essere anche un monaco o un mago, cerca di salvare un albero morente, trasportandolo nella più profonda galassia. È la versione futuristica a rivivere la sua vita come il ricercatore Tommy, ma è anche quest'ultimo a rivivere a sua volta, attraverso il libro scritto dalla moglie, la vita del conquistador Tomas nel XVI secolo... chiaro no? Come no. I due protagonisti sono interpretati, nelle tre epoche differenti, entrambi dallo stesso attore, rispettivamente Hugh Jackman e Rachel Weisz, e questo ci fa già capire qualcosa: altro non è che la storia di un uomo, prima conquistatore spagnolo, poi scienziato ed infine astronauta, che attraversa il tempo per salvare la donna che ama, prima regina, poi scrittrice ed infine incarnatasi in Albero della vita. Ma è veramente così? Difficile a dirlo... onirico come quasi nessun altro film da me visto, L'albero della vita è un calderone impazzito in cui Aronofsky butta dentro di tutto di più: la vita, la morte, l'amore, la ricerca dell'immortalità, le credenze Maya, la Bibbia, il buddismo, la scienza, la terra, il cielo, l'universo intero... il lavoro del regista newyorkese è presuntuoso, pretenzioso e pretestuoso, gioca con lo spettatore, come fa il gatto con il topo, facendoli credere di trovarsi di fronte a chissà che cosa... per poi esplodere come una bolla di sapone... troppa carne sul fuoco e per di più cucinata male. Proviamo ad analizzare ogni lasso temporale: il principale è sicuramente quello del XXI secolo con il ricercatore che cerca disperatamente una cura per il cancro della moglie. Qua abbiamo sicuramente due visioni differenti della morte: Tommy Creo non riesce ad accettare il cancro della moglie, mentre essa sembra aver trovato la pace dell'anima. Tommy rifiuta l'idea di perdere una persona amata ed è per questo che spera di trovare il suo “Albero della vita” sotto forma di un siero, tra l'altro estrapolato dalla corteccia di un albero del Guatemala che potrebbe essere definito perciò come un novello Albero della vita, in grado di curare un male “incurabile”. La scienza viene vista come l'unica soluzione al male ultimo dell'uomo, ovvero la morte: l'uomo vuole superare i limiti imposti da Dio – o da qualsiasi altra divinità... – e crearsi da solo il proprio Albero della vita, in grado si sconfiggere l'effimerità di quest'ultima. Per quanto riguarda la posizione intrapresa da Izzie, la moglie, bisogna forse ricollegarsi ancora una volta allo Xibalba: essa sa accettare la propria morte in quanto la vede come rinascita, perché da qualcosa di morente rinasce sempre dell'altro. La vita e la morte sono aspetti naturali che andrebbero vissuti in maniera naturale, secondo le leggi della natura. E nella natura la morte, in realtà, non esiste se non come forma di passaggio. La morte è l'anticamera di una nuova vita. Tutto è trasformazione. Vita e morte fanno parte di un immane processo di trasformazione, di cui noi non vediamo né l'inizio né la fine. Secondo lasso temporale, quello del XVI secolo: il conquistatore spagnolo Tomas Creo è alla ricerca dell'Albero della vita per poter così salvare la sua amata, la regina Isabel, la quale è sotto assedio da parte del Grande Inquisitore spagnolo. Ella è considerata un'eretica in quanto convinta della possibilità della vita eterna, scardinando così tutti i credi cristiani. In questo secondo spezzone abbiamo una visione cabalistica - da Cabalà, ovvero la sapienza mistica spirituale contenuta nella bibbia ebraica –dell'Albero della vita: quest'ultimo in principio era presente nell'Eden insieme all'Albero della conoscenza del bene e del male, quello da cui Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito. Dopo il peccato, l'Albero della vita fu nascosto, per impedire che Adamo, con il male che aveva ormai assorbito, avesse accesso al segreto della vita eterna e, così facendo, rendesse assoluto il principio del male. Dopo aver perso lo stato paradisiaco del Giardino dell'Eden, l'umanità non ha più accesso diretto all'Albero della vita, che rimane l'unica vera risposta ai bisogni d’infinità, di gioia e d’eternità che ci portiamo dentro. Ed è da quel momento che l'uomo è alla continua ricerca di tale albero per poter scoprire il segreto della vita eterna. Il mito di Adamo ed Eva può essere collegato benissimo anche alla vicenda di Tommy ed Izzie, trattata in precedenza: come non riscontrare nel primo un novello Adamo? Cacciato dalla condizione di pace eterna del paradiso terrestre – dalla malattia della moglie –, egli cercherà in ogni modo di ritrovarla: Aronofsky ha esemplificato nella lotta di un biologo per salvare l'amata moglie dal tumore al cervello il vagheggiamento, ricorrente in ogni tempo – e qui ci ricolleghiamo al XVI secolo –, di un'arma per sconfiggere i limiti imposti all'uomo dalla caduta dal paradiso. Arriviamo ora al terzo e ultimo segmento di film, ambientato nel XXVI secolo... esso è veramente, a mio avviso, delirante. Tom, un “santone” - non so più come definirlo tanto è indefinito... - sta viaggiando, dentro una bolla d'aria, verso la galassia con un albero morente. A questo punto pongo delle congetture: allora l'albero morente è l'Albero della vita ed è la rappresentazione “naturalis” di Izzie. Tom sta volando verso una stella morente – deduco lo Xibalba – per cercare di far sopravvivere l'albero e cercare così di donare nuova vita a sua moglie, o semplicemente ricongiungersi con essa nei cieli. Questo ultimo segmento profuma tanto di buddismo... e onestamente mancava proprio solo questo nella pellicola di Darren Aronofsky: il calvissimo Hugh Jackman non può che far pensare ad un monaco buddista intento nella sua contemplazione e in fine preda di una trasfigurazione che lo riporta indietro nel tempo, nel XVI secolo in terra Maya, dove tutto ebbe inizio... ma anche no! Esso è veramente un finale terribilmente New Age... da far accapponare la pelle.
Spiegazione – ??? – finale... e viaz! Allora il tema principale de L'albero della vita dovrebbe essere la serena accettazione della morte. La “colpa” del protagonista – in tutte le tre epoche... - è quella di non saper accettare la futura morte della persona amata: nel passato (XVI secolo) Tomas sa benissimo che se non troverà l'Albero della vita condannerà a morte la regina Isabel e lo stesso si ripete nel presente (XXI secolo) con Tommy che cerca disperatamente una cura per guarire il cancro della moglie. Mentre nel futuro (XXVI secolo) egli cercherà in tutti i modi di salvare l'Albero della vita verso cui egli ha trasferito tutto l'amore che provava per la sua compagna: finché esso sarà in vita, Tom si potrà ricordare di Izzy. Ultima annotazione di vitale importanza però... come vi ho detto in precedenza, le vicende del XVI secolo sono attinte da un libro scritto da Izzie: tale libro resta però incompiuto e la moglie dice a Tom di completarlo lui, invitandolo in tal modo a giungere alle conclusione a cui essa è già arrivata e che lo porteranno ad una serena accettazione della morte. Dopo la morte di Izzie il marito si troverà a vagare nello spazio (XXVI secolo): durante questo tragitto Tom avrà continue apparizioni della moglie intenta a ricordargli di finire il libro, apparizioni a cui egli reagirà con forza... intimando ad Izzie anche di andarsene e di non farsi più vedere. Questo perché il protagonista è internamente combattuto se continuare la sua lotta personale, tentando di salvare l'albero e quindi mantenere in vita l'ossessione della moglie, o seguire la strada indicatagli da quest'ultima. Quando si è quasi in prossimità dello Xibalba Tom si rende conto di non poter più tenere in vita l'albero e capisce finalmente che solo morendo potrà rinascere a nuova vita, proprio come la stella nebulosa di cui gli aveva parlato Izzie. Sarà veramente così? La mano sul fuoco io non ce la metto...
Pellicola, come dicevo nell'introduzione, nata male e finita peggio. Le traversie in fase di gestazione devono aver influito in modo sostanziale sulla mala riuscita del film: esso era in preparazione dal 1999, sembrava che dovesse essere interpretato da Brad Pitt e Cate Blanchett e, soprattutto, che dovesse avere un budget sostanzioso – sopra i 70 milioni di $ - ma alla fine non se ne fece nulla... troppi dubbi su un soggetto così complesso e poco vendibile. Quando finalmente la situazione si bloccò il cash era stato praticamente più che dimezzato e si passò ai meno rischiosi 30 milioni di $: troppo pochi per un progetto di tale portata. Poi Darren Aronofsky, in versione novello Icaro, ci ha messo del suo puntando troppo in alto e creando alla fine un pasticciaccio di proporzioni bibliche. Conclusione: chi gioca con il fuoco...

14 commenti:

  1. Il film non l'ho visto. Tuttavia devo essere sincero e dire che i film diciamo così "complicati" e difficilmente comprensibili in genere li apprezzo molto, anche perchè cercando di capirli e di dare un senso qualsiasi, evito di annoiarmi e l'attenzione resta alta. Tu l'hai cassato probabilmente giustamente ma se c'è pure Hugh Jackman (protagonista tra l'altro di Van Helsing e altri discreti film d'azione) cercherò comunque di guardarlo.

    RispondiElimina
  2. Ti ringrazio per aver cercato di dare un senso ad un film che, guardandolo, mi aveva lasciata perplessa dall'inizio alla fine (praticamente non ci avevo capito un accidente!)!
    Peccato, soprattutto perchè Hugh Jackman è tra i miei attori preferiti!
    anassor

    RispondiElimina
  3. Devo essere sincera..Mi ispira la storia d'amore che si parpetra nei secoli, mi ispira anche il delirio!! Inoltre mi ha incuriosito molto la lettura del film e la ricerca del mistico e del religioso da te proposta!!Nonostante le tue parole critichino duramente il film... io lo guarderò con molto interesse!!

    RispondiElimina
  4. Un altro Film che sicuramente non guarderò, non ho già capito una mazza a leggere la tua recensione mi immagino cosa capivo se lo guardavo

    RispondiElimina
  5. E' uno dei film più belli che io abbia mai visto.Le tue delucidazioni sulla trama non fanno che complicarla e soprattutto sminuirla.
    Il film è tutt'altro che un flop.
    Ma ovviamente Darrenn Aronofsky mirava ad un pubblico scelto e non credo che molti come te lo apprezzeranno.
    Veronica

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti appoggio pienamente Veronica.
      Peccato leggere queste critiche un po' "sterili". Lo reputo un film stupendo, con un "sottotesto" geniale. Ma comunque sia, de gustibus non disputandum est! Grazie per la tua interpretazione.
      Letizia

      Elimina
  6. Uno dei film più strampalati del decennio, a mio avviso. Ho trovato il tuo tentativo di mettere insieme i tasselli assai stimolante ma soprattutto coraggioso e mi sono divertito moltissimo a leggere la tua recensione.
    Concordo con l'anonimo del 3 dicembre quando dice che i film complicati sono molto divertenti perchè mantengono l'attenzione alta, anche se nel mio caso l'impresa si è rivelata (per ora) troppo alta. Proprio per questo imploro invece Veronica di condividere con noi comuni mortali le sue impressioni e soprattutto la sua versione, tali addirittura da farle godere di uno dei film più belli che lei abbia mai visto. Purtroppo forse io non faccio parte del pubblico scelto cui era mirato il film, ma visto che ho la fortuna di averne incontrato un esemplare lo supplico di condividere con me la sua esperienza.
    Come diceva lo zio Ben, da un grande potere derivano grandi responsabilità ...
    Alberto Magno

    RispondiElimina
  7. Grazie per aver tentato di dare una spiegazione
    ad uno dei film più strampalati (ma nel senso negativo del termine) che abbia mai visto.
    Hai ragione quando parli di un'opera presuntuosa e pretenziosa.
    Peccato perchè la Weisz e Jackman sono 2 dei miei attori preferiti

    RispondiElimina
  8. Ciao sono d'accordo con Veronica....è uno dei più bei film che ho potuto apprezzare. Mi è piaciuta molto la tua spiegazione di questo film anche se sono convinto che dei 3 periodi temporali "il presente" sia il XXVI secolo mentre il XXI secolo sia solo una proiezione dei suoi ricordi che gli permetteranno di capire il vero "senso della vita": la vita non deve essere eterna per essere splendida, bisogna saper accettare i nostri limiti umani "vivendola" senza perdere l'occasione di vivere le "cose" veramente importanti che la rendono unica ed eterna.
    Colonna sonora stupenda. E' un film che per essere apprezzato, per esperienza personale, non deve essere visto una volta sola. Il regista ha inserito moltissimi particolari che solo dopo alcune visioni possono essere veramente comprese.
    grazie

    Carlo

    RispondiElimina
  9. Io non l'ho trovato così malvagio come film... secondo me c'è un'interpretazione, soprattutto della parte "bolla-futuristica"...
    [attenzione spoiler :D]

    Successivamente alla morte della moglie il biologo decide di cercare la vita eterna, considerando la morte come una malattia guaribile. Intanto nella scena finale si può vedere che pianta un seme nella tomba della moglie.
    Quindi il personaggio nella "bolla vagante nello spazio" può essere semplicemente lo stesso biologo che, con l'albero nato dalla tomba della moglie, cerca disperatamente di mantenerla in vita, nel futuro [quando si vede la scena in cui entra in laboratorio, dopo che ha detto "tutti questi anni, tutti questi ricordi, ci sei sempre stata... tu... mi hai fatto attraversare il tempo", e dopo si vede che comincia a studiare "la morte"-> "fermare la morte è l'obiettivo"]. Ma anche nel futuro si ripresenta lo stesso problema, l'albero sta morendo e lui non può fare niente per salvarlo. Quindi il suo elevato materialismo, nel mantenere in vita il corpo, lo segue per tutta la vita eterna che si è costruito.

    L'intreccio con la storia del conquistadores, e l'importanza di questa, è semplicemente nell'analisi del finale costruito dall'uomo: viene presentato un parallelismo fra lo spagnolo che cerca l'albero della vita e il biologo che cerca di curare la malattia. Entrambi alla fine arrivano alla soluzione [lui riesce a guarire il cancro, anche se tardi. Lo spagnolo riesce a trovare il luogo dell'albero della vita, anche se muore].

    L'uomo è sempre stato preso dal suo lavoro, dalla parte materiale del salvare Isabel, che alla fine riesce a trovare pace semplicemente quando mentalmente accetta il suo sbaglio... invece di andare ad operare la scimmia, esce dal laboratorio con lei! Questa dovrebbe essere l'illuminazione, ovvero stare con la moglie finchè è viva... [Scena bellissima: quando la moglie-reginadispagna chiede di liberare la spagna dalle sue catene, non chiede altro al marito di liberare se stesso dalla paura della morte... le catene imposte da se stesso per paura.]

    Il finale della storia è scritto dal biologo stesso, dopo l'illuminazione, di conseguenza la parte del libro scritto dalla moglie si blocca nel punto in cui il sacerdote maya sta per uccidere l'avventuriero. E' una storia scritta dalla moglie per far riflettere il marito sullo stato delle cose...
    La fine viene scritta dopo l'idea del distacco dal materialismo. In quel momento il biologo accetta la morte come un passaggio, invece che come una fine, può capire lo stare "insieme per sempre", la continuità delle cose, anche successivamente alla morte.

    E quindi accetta anche la sua stessa morte, superando la sua paura. Per questo si distacca dall'albero, che ormai è morto, e va verso la stella morente... che esplode ricreando la vita nell'albero.
    Io l'ho visto così.... Magari riguardato un paio di volte potrebbe aiutare a svelare altri particolari...
    [ad esempio l'anello, che dovrebbe essere una parte importantissima... ma mi sono sfuggite delle parti]

    almeno... io l'ho vista così... XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ciao, secondo me l'anello é la promessa del per sempre.ed il per sempre include la morte. lo perde da scienziato xke cerca di salvare la moglie (la vita materiale) nel passato beve il succo dell albero e ancora una volta perde l anello. solo accettando la morte onorera la sua promessa - l eternita.

      Elimina
  10. Vedere questo film mi ha riportato alla mente un'altra visione "discussa" e carica di aspettative: Cloud Atlas. Anche questo film ha visto spaccare in due l'opinione del pubblico e della critica. Io ho fatto parte di coloro che si sono innamorati del film e l'hanno rivisto più volte per non perdersi neanche un particolare. La stessa cosa posso dirla d The Fountain, che ho trovato molto bello, con una fotografia spettacolare, vaghe reminiscenze kubrickiane e una colonna sonora psichedelica meravigliosa. Detto questo, ci sono ingenuità costruttive che non passano inosservate, come l'assurdo fiorire di piante sul corpo del conquistador un po' troppo allettato dalla linfa di eternità, il monaco zen emaciato che appare quasi in pigiama(!) al sacerdote maya, e via andare. Ma penso comunque che se un film ti lascia la voglia di rivederlo, di approfondirne i contenuti, di leggerne le recensioni e di scriverne anche qualcuna in giro per il web, tutto sommato ha raggiunto il suo obiettivo.

    RispondiElimina
  11. Un film bellissimo, per pochi, che emoziona !!tutti vorrebbero vivere felici ,eternamente!!siamo anime in travaglio

    RispondiElimina