
Il regista de Il fantasma dell'opera (The Phantom of the Opera, 2004) ha lo stesso cognome, Schumacher, di Michael, famoso pilota di formula 1 ma, purtroppo per lui, non è un fenomeno come quest'ultimo, ed ha lo stesso nome, Joel, di uno dei due fratelli Coen ma, sempre purtroppo per lui, non è neanche un genio come quest'altro; egli è solamente un onesto “fabbricante di sogni”. In trent'anni di carriera, Joel Schumacher, a mio avviso, ha diretto solo due pellicole degne di nota: Un giorno di ordinaria follia (Falling Down, 1993) con Michael Douglas e Tigerland (Id., 2000) con Colin Farrell. A questi due film, volendo proprio essere buoni, si potrebbe aggiungere qualche altro lavoro appena sufficiente come Ragazzi perduti (The Lost Boys, 1987), Linea mortale (Flatliners, 1990) e In linea con l'assassino (Phone Booth, 2002). Ma la verità è che la maggior parte dei suoi film sono nettamente sotto la sufficienza se non pessimi, ne cito due su tutti: 8mm – omicidio a luci rosse (8MM, 1999) con Nicholas Cage qua al suo minimo storico – interpretazione da far accapponare la pelle – e Bad company – protocollo Praga (Bad Company, 2002), ma la lista potrebbe essere molto più lunga... senza inoltre dimenticare che, per tutti i fans di Batman, è colui che ha cercato – quasi riuscendoci – di affossare la carriera filmica del povero “Cavaliere Oscuro”, con due pellicole pruriginose a dir poco, Batman & Robin (Batman and Robin, 1997) in primis e Batman Forever (Id., 1995) in secundis, anche se quest'ultimo effettivamente è un po' meglio del suo sequel con George Clooney.
Dopo questa parentesi, non propriamente felice sul regista, veniamo ora al film in questione, Il fantasma dell'opera, di primo achito, mi vien da dire che è una pellicola non riuscita quasi in nessuna sua parte... diciamo quasi pessima... però in questo caso non mi sento di dare addosso solamente a Joel Schumacher perché la pecca maggiore del film, a quanto ne so, non è colpa sua... ma andiamo con ordine. Non sto qua a spiegare la trama perché penso che chiunque la conosca, ma vi dico che quest'ultima versione cinematografica non è tratta direttamente dal romanzo di Gaston Leroux, ma è la “snobbatissima” trasposizione filmica del fortunato musical di Andrew Lloyd Webber, geniale autore di spettacoli musicali che hanno ottenuto grandi consensi da parte del pubblico come “Cats” e “Jesus Christ Superstar”. “Il fantasma dell'opera” di Webber è uno dei musical di maggior successo degli anni '90 e tra l'altro esso, a distanza di vent'anni, è ancora in programmazione. Il film è quindi, ovviamente, un musical ed è anche molto fedele alla sua contropartita teatrale, il che di solito non è un male ma in questo specifico caso risulta più un danno che un bene. Infatti tutto quello che penso abbia funzionato sul palcoscenico – almeno a vedere il successo – non funziona davanti alla cinepresa: a partire dalle coreografie musicali veramente poco ispirate... praticamente Joel Schumacher si è limitato a riproporre, davanti all'obiettivo, i vari momenti musicali del musical. Ma al cinema essi non funzionano... e anche a chi è appassionato, non credo che possano bastare solo quelli. Perché alla fine tutto il resto è “superficializzato” al massimo... la storia si riduce ad un'insulsa macchietta, un ridicolo triangolo d'amore che non coinvolgerà neanche i fans più sfegatati, quelli alla “Love Boat” per intenderci. Schumacher, ma anche Webber – perché a quanto sembra ha avuto voce un po' su tutti gli aspetti del film –, si disinteressa completamente del lato “dark” della vicenda preferendo concentrarsi su questo pseudo-triangolo d'amore tra i protagonisti, i quali passano tutto il film a rincorrersi, come ebeti, con sempre la stessa espressione sul volto. Chiunque abbia visto un film, almeno decente, tratto da “Il fantasma dell'opera” di Gaston Leroux saprà benissimo che la storia narrata è fortemente caratterizzata da un clima ascendente di tensione che raggiunge il suo culmine con il sabotaggio, e la conseguente caduta, del lampadario da parte del Fantasma; ma invece in questa versione purtroppo non è così... con questo non voglio dire che i due autori abbiano eliminato arbitrariamente le situazioni cardine del romanzo del 1910, le quali fanno evolvere la situazioni “sinistramente”, a discapito della storia d'amore, perché esse ci sono tutte: le lettere minatorie, le fugaci apparizioni del fantasma, gli stratagemmi per eliminare la concorrente dell'amata di quest'ultimo e, infine, il crollo del lampadario, appunto. Ma il fatto è che esse sono marginarie e sembrano quasi non influire minimamente sul proseguo della vicenda. Cerco di spiegarmi meglio... è come se il film partisse da un punto A e dovrebbe arrivare ad un punto B, ma il problema è che tra A e B non c'è niente! Altro esempio, mettiamo il caso che se voi foste su un treno e vedete in lontananza certe situazioni o accadimenti; possono essi condizionare il vostro tragitto? No, perché voi siete belli tranquilli su vostro treno... ecco, questa è la sensazione che ho avuto guardando Il fantasma dell'opera... totale disinteresse per eventi messi lì perché debbono essere messi, ma senza quel qualcosa in più che potesse dare un po' di ossigeno ad una fiammella morente. A mio avviso, manca completamente la “suspence”, pecca gravissima, perché non si può fare “Il fantasma dell'opera”, anche se in versione musical, come se facesse un polpettone sentimentale qualunque. No... no... caro Joel Schumacher... certe cose non si fanno!!! Comunque l'impressione che ho avuto è quella di assistere ad una brutta copia di Moulin Rouge (Id., 2001), ma lì c'erano Ewan McGregor e Nicole Kidman e qui Gerald Butler ed Emmy Rossum e alla regia c'era Buz Luhrmann e qui, invece, Joel Schumacher... non propriamente la stessa cosa. Non me la voglio prendere assolutamente con gli attori, perché sono convinto che il musical sia il genere più difficile da interpretare, ma in tutta onestà Gerald Butler, nel ruolo del fantasma è completamente fuori parte, Emmy Rossum è neutra, nel senso che non trasmette una minima emozione, e Patrick Wilson mantiene per tutto il film una faccia da pesce lesso. Ma il problema principale della pellicola di Joel Schumacher sorge, però, quando Andrew Lloyd Webber decide di far doppiare la parte musicale del film nella lingua di ogni paese di distribuzione. Il risultato – almeno in italiano – è a dir poco disastroso: non mi è mai capitato in vita mia di aver visto una così marchiata e pacchiana mancanza di sincronismo tra labiale e parole pronunciate (ovviamente mi sto riferendo solo alle parti cantate del film). Descriverlo a parole non rende bene l'idea... bisognerebbe averlo visto per comprendere appieno... ma vi garantisco che la scelta di tradurre le parti cantate è stata incredibilmente sbagliata! Tra l'altro, Andrew Lloyd Webber, che è stato anche produttore della pellicola, avrebbe affermato in un'intervista che la versione italiana è quella migliore... a questo punto, onestamente, non oso pensare come siano le altre versioni allora. Se, oltre a questo, si aggiunge poi il fatto che le canzoni tradotte – e aggiustate – risultano ridicole e stucchevoli si può ben capire come la scelta di Webber abbia inferto un colpo, se non letale, almeno da K.O. tecnico al film del regista newyorkese. Conclusione: nota stonata.